lunedì 6 dicembre 2010
Finalmente a casa
Finalmente a casa.
Quanto ho agognato e temuto questo momento.. Curiosa ed impazziente come tutti i giovani, sono partita alla ricerca della felicità, convinta che la realtà che mi circondava fosse troppo stretta per me. Una mattina di buon'ora partii con il mio fagotto di sogni, convinta che passo dopo passo avrei trovato la mia strada. Ricordo come fosse ora l'aria frizzante che mi pizzicava il volto, che mi faceva sentire libera e pronta a tutto. Ero sola, e così volevo essere. Mi sono recata dai saggi che vivono sulla più alta vetta del mondo, per studiare con loro la natura dell'universo e il moto delle stelle. Ero convinta che conoscendo ciò che circonda il nostro piccolo pianeta avrei trovato risposta ai mille dubbi che mi assillavano, ma non fu così. Dubbi si aggiunsero a dubbi, e le difficoltà crebbero di giorno in giorno. Come può un piccolo essere come è l'uomo comprendere il tutto? Mi sentivo stordita da questa vana ricerca. Chiesi allora al saggio più anziano se almeno lui, nella sua ricerca durata una vita, avesse trovato delle risposte, e se così fosse felice. "Risposte? Qualcuna forse, insieme a moltre altre domande che non potevo lasciare inascoltate, e questo mi porta all'altra domanda. Sono felice? Conosco molte cose, più di qualsiasi uomo comune, ma no, non lo sono. La conoscenza non porta felicità se su di essa pesa lo spettro della solitudine. Dalla sommità del mondo riesco a scorgere la vita che brulica ai piedi del monte, ma non posso farne parte". Mi recai allora dai saggi che dimorano nelle profondità della terra, per studiare le rocce e la composizione della terra. Ora pensavo che le risposte si trovassero nella conoscenza degli elementi e dell'interazione che essi hanno tra loro. Ma anche qui mi sentivo stordita. Giorno su giorno i dubbi aumentavano, e non vedevo schiarita nella buia cortina che offuscava la mia mente. Chiesi allora al saggio più anziano se almeno lui, nella sua ricerca durata una vita, avesse trovato delle risposte, e se così fosse felice. "Risposte? Alcune, ma non sono felice. Molte delle ricerche a cui ho dedicato la vita se ne resteranno sepolte qui, nelle viscere della terra, finchè un altro stolto si farà ammaliare da esse. Ho osservato la vita delle persone che vivono sopra di noi, ma non ho mai provato la gioia che scorgo sui loro volti". Non sapevo più dove andare. Mi ero spinta alla sommità del mondo e mi ero fatta cullare dalle sue grotte buie, nonostante tutto non avevo trovato ancora le risposte che cercavo. Andai allora nel più grande regno del mondo, dove culture diverse si incotravano e ricchezza ed abbondanza la facevano da padroni. Qui sicuramente avrei trovato la pace. I giorni passavano e io imparavo sempre più cose su questo mondo sconfinato, sulle diverse culture ed etnie che lo popolavano. Però non vedevo la felicità negli occhi delle persone che incontravo per le vie. Un giorno mi feci coraggio, e fermai una donna riccamente vestita, che aveva per mano un bambino. Le dissi che sicuramente doveva essere felice, circondata da tutta quella bellezza e con infinite possibilità. "Felice io? Per carita! Conosco tutto del mondo che mi circonda, ma non conosco me stessa. In questo turbinare di colori e di diversità non c'è tempo per il singolo, ma solo per una collettività in continuo divenire. Ho tutto quello di cui ho bisogno, questo è vero, e mio figlio di certo non patirà la fame, ma non ho mai conosciuto l'amore. In questa società ci si sposa per convenienza, si valutano gli averi di una persona, non le sue virtu'. Nessuno mi ha mai giudicata per quello che sono, ne' nessuno mi ha mai chiesto se fossi felice. Che domanda curiosa mi ha posto". E si perse nella folla. Il cuore umano è capriccioso e spesso ci confonde. Corriamo dietro a chimere irraggiungibili senza renderci conto che la realtà è il sogno più bello che potremmo mai realizzare. Solo accettandolo potremo essere felici. La felicità è così sfuggente ed effimera che pochi sanno coglierla ed assaporare la sua dolce essenza, paghi del turbinare di emozioni che essa porta. Seguendo questi capricci ho vagato e vagato, per accorgermi che la mia vita fosse tutta qui, nella semplicità.
mercoledì 1 dicembre 2010
Sono tornata
Sono tornata.
Dopo lungo peregrinare, mi trovo qui, davanti a una scelta.
Accarezzo il portone di legno massicio,scuro, imponente, ma con delicate volute d'edera, che mi separa dal mio passato.
Sarò ancora bene accetta qui? Mi sentirò ancora a casa dopo tutto questo tempo?
Penso al passato, a tutto ciò che ho vissuto e ai passi che uno dopo l'altro
mi hanno fatta diventare quella che sono. Non è sempre stato facile, e spesso il sentiero
è stato in salita, costellato si imprevisti e avversità. I volti di tutti coloro che ho
incontrato nel cammino passano nella mia mente come un carosello e quasi mi stordiscono, non
facendo che aumentare i miei dubbi. Penso a quei rovi che mi hanno ferita, ma penso anche
a mani dolci che mi hanno curato. Penso a tutte le volte che sono caduta, e a tutte quelle
in cui mi è stata tesa una mano per alzarmi.
Quante volte mi sono sentita sola. Quante volte avrei voluto esserlo.
Vorrei ritrovare quella piccola stanza una volta così famigliare, piccolo rifugio da un mondo in costante divenire.
Chi mi dice che sarà tutto come un tempo? Una voce mi dice che non potrà mai esserlo, perchè
neanch'io sono più la stessa.
Nonostante tutto non ho il coraggio di entrare e mi attardo sulla soglia, finche lo sguardo
mi si poggia sulle mani. Sono sporche di terra, la madre da cui vengo e mi ha nutrito, che
non giudica le mie azioni ne' considera superflue le mie paure. Lei ama. Senza remore.
Il vento tra gli alberi mi porta il suo dolce canto, che mi accarezza gentile.
Mi volto. Le neve che ha imperversato nella giornata ha lasciato il posto a delicate nubi
rosate e il sole mi sorride dietro alle montagne. Una delicata nebbiolina si alza dal terreno.
Mi stringo nel mantello e calo il cappuccio, sorridendo.
Ho deciso. Come l'araba fenice, dalle ceneri mi ergerò.
Dopo lungo peregrinare, mi trovo qui, davanti a una scelta.
Accarezzo il portone di legno massicio,scuro, imponente, ma con delicate volute d'edera, che mi separa dal mio passato.
Sarò ancora bene accetta qui? Mi sentirò ancora a casa dopo tutto questo tempo?
Penso al passato, a tutto ciò che ho vissuto e ai passi che uno dopo l'altro
mi hanno fatta diventare quella che sono. Non è sempre stato facile, e spesso il sentiero
è stato in salita, costellato si imprevisti e avversità. I volti di tutti coloro che ho
incontrato nel cammino passano nella mia mente come un carosello e quasi mi stordiscono, non
facendo che aumentare i miei dubbi. Penso a quei rovi che mi hanno ferita, ma penso anche
a mani dolci che mi hanno curato. Penso a tutte le volte che sono caduta, e a tutte quelle
in cui mi è stata tesa una mano per alzarmi.
Quante volte mi sono sentita sola. Quante volte avrei voluto esserlo.
Vorrei ritrovare quella piccola stanza una volta così famigliare, piccolo rifugio da un mondo in costante divenire.
Chi mi dice che sarà tutto come un tempo? Una voce mi dice che non potrà mai esserlo, perchè
neanch'io sono più la stessa.
Nonostante tutto non ho il coraggio di entrare e mi attardo sulla soglia, finche lo sguardo
mi si poggia sulle mani. Sono sporche di terra, la madre da cui vengo e mi ha nutrito, che
non giudica le mie azioni ne' considera superflue le mie paure. Lei ama. Senza remore.
Il vento tra gli alberi mi porta il suo dolce canto, che mi accarezza gentile.
Mi volto. Le neve che ha imperversato nella giornata ha lasciato il posto a delicate nubi
rosate e il sole mi sorride dietro alle montagne. Una delicata nebbiolina si alza dal terreno.
Mi stringo nel mantello e calo il cappuccio, sorridendo.
Ho deciso. Come l'araba fenice, dalle ceneri mi ergerò.
mercoledì 11 giugno 2008
L'unicorno esiste!
Tratto dal Corriere Fiorentino.it
L'unicorno esce fuori dalla fiaba E si trasforma in realtà a Prato Si tratta di un capriolo con un solo corno al centro della fronte invece delle classiche corna biforcate. Vive all’interno del centro di scienze naturali di Prato |
L'unicorno esiste. Fuori dalle leggende e dalle fiabe per bambini, in
Toscana vive un capriolo con un solo corno al centro della fronte invece delle classiche corna biforcate. Si trova all’interno del gruppo di suoi simili monitorati dal centro di scienze naturali di Prato. Si tratta di un esemplare giovane: ha infatti solo 10 mesi. «È la dimostrazione - dice il direttore del centro, Gilberto Tozzi - che il mitico unicorno celebrato in iconografie e leggende, probabilmente non era solo oggetto di fantasia bensì un animale: capriolo, cervo, o altre specie, con un anomalia morfologica analoga a quella del nostro capriolo. «Il nostro capriolo - continua - forse è consapevole della sua diversità e non si lascia vedere facilmente». La madre era arrivata nel centro alcuni anni fa ferita dopo essere stata investita da un’ auto nella zona dell’appennino pistoiese.
DOVE SI TROVA. All'interno dell'ambiente dei Caprioli, insieme al gruppo in riadattamento, si è fatto vedere in questi giorni il giovane esemplare maschio che invece delle classiche corna biforcate possiede solo un unico corno al centro della fronte. Questa è la dimostrazione che il mitico unicorno celebrato in iconografie e leggende, probabilmente non era solo oggetto di fantasia bensi un animale: capriolo, cervo, o altre specie, con un anomalia morfologica analoga a quella del capriolo. Spesso si è caricata la natura di creature fantastiche con significati simbolici, alle quali attribuire virtù o difetti che sono propri dell'uomo e probabilmente in questo senso questo magico animale ha accompagnato l'uomo nel corso dei secoli. Infatti l'unicorno, in quanto specie, non esiste in natura, ma può essere unicamente e raramente un fenomeno di anomalia morfologica come quello nato al Centro di Scienze Naturali.
10 giugno 2008
lunedì 26 maggio 2008
Il manifesto dei diritti della terra
Innanzitutto scusatemi se per molto tempo non mi sono fatta viva! Ma ho davvero tantissimo da studiare per l'università.... Solo oggi sono riuscita a fare una capatina!
Molti di voi probabilmente avranno già letto più di una volta il testo che sto per riprodurre, ma sento la necessità di inserirlo in questo blog perchè ogni volta che lo leggo mi vengono i brividi..
Avremmo così tanto da imparare...
Il documento qui integralmente riprodotto è senz’altro una delle più elevate espressioni di sintonia dell’uomo col creato ed esprime la ricchezza universale dei “popoli nativi”, dei veri “indigeni” di ogni luogo della terra ed è la risposta che il Capo Tribù di Duwamish inviò al Presidente degli Stati Uniti che chiedeva di acquistare la terra dei Pellerossa.
IL MANIFESTO
DEI DIRITTI DELLA TERRA
Il discorso di Capo Seattle - Capriolo Zoppo, 1854
DEI DIRITTI DELLA TERRA
Il discorso di Capo Seattle - Capriolo Zoppo, 1854
Il grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra. Il grande Capo ci manda anche espressioni di amicizia e di buona volontà. Ciò è gentile da parte sua, poiché sappiamo che egli ha bisogno della nostra amicizia in contraccambio. Ma noi consideriamo questa offerta, perché sappiamo che se non venderemo, l’uomo bianco potrebbe venire con i fucili a prendere la nostra terra. Quello che dice il Capo Seattle, il grande Capo di Washington può considerarlo sicuro, come i nostri fratelli bianchi possono considerare sicuro il ritorno delle stagioni.
Le mie parole sono come le stelle e non tramontano. Ma come potete comprare o vendere il cielo, il colore della terra? Questa idea è strana per noi. Noi non siamo proprietari della freschezza dell’aria o dello scintillio dell’acqua: come potete comprarli da noi?
Ogni parte di questa terra è sacra al mio popolo. Ogni ago scintillante di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni goccia di rugiada nei boschi oscuri, ogni insetto ronzante è sacro nella memoria e nella esperienza del mio popolo. La linfa che circola negli alberi porta le memorie dell’uomo rosso. I morti dell’uomo bianco dimenticano il paese della loro nascita quando vanno a camminare tra le stelle. Noi siamo parte della terra ed essa è parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli. Il cervo, il cavallo e l’aquila sono nostri fratelli. Le creste rocciose, le essenze dei prati, il calore del corpo dei cavalli e l’uomo, tutti appartengono alla stessa famiglia. Perciò. Quando il grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra, ci chiede molto. Egli ci manda a dire che ci riserverà un posto dove potremo vivere comodamente per conto nostro. Egli sarà nostro padre e noi saremo i suoi figli. Quindi noi considereremo la Vostra offerta di acquisto. Ma non sarà facile perché questa terra per noi è sacra. L’acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non è soltanto acqua ma è il sangue dei nostri antenati. Se noi vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare che essa è sacra e dovete insegnare ai vostri figli che essa è sacra e che ogni tremolante riflesso nell’acqua limpida del lago parla di eventi e di ricordi, nella vita del mio popolo.
Il mormorio dell’acqua è la voce del padre, di mio padre. I fiumi sono i nostri fratelli ed essi saziano la nostra sete. I fiumi portano le nostre canoe e nutrono i nostri figli. Se vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare e insegnare ai vostri figli che i fiumi sono i nostri fratelli ed anche i vostri e dovete perciò usare con i fiumi la gentilezza che userete con un fratello.
L’uomo rosso si è sempre ritirato davanti all’avanzata dell’uomo bianco, come la rugiada sulle montagne si ritira davanti al sole del mattino. Ma le ceneri dei nostri padri sono sacre. Le loro tombe sono terreno sacro e così queste colline e questi alberi. Questa porzione di terra è consacrata, per noi. Noi sappiamo che l’uomo bianco non capisce i nostri pensieri. Una porzione della terra è la stessa per lui come un’altra, perché egli è uno straniero che viene nella notte e prende dalla terra qualunque cosa gli serve. La terra non è suo fratello, ma suo nemico e quando la ha conquistata, egli si sposta, lascia le tombe dei suoi padri dietro di lui e non se ne cura. Le tombe dei suoi padri e i diritti dei suoi figli vengono dimenticati. Egli tratta sua madre, la terra e suo fratello, il cielo, come cose che possono essere comprate, sfruttate e vendute, come fossero pecore o perline colorate.
IL suo appetito divorerà la terra e lascerà dietro solo un deserto.
Non so, i nostri pensieri sono differenti dai vostri pensieri. La vista delle vostre città ferisce gli occhi dell’uomo rosso. Ma forse ciò avviene perché l’uomo rosso è un selvaggio e non capisce.
Non c’è alcun posto quieto nelle città dell’uomo bianco. Alcun posto in cui sentire lo stormire di foglie in primavera o il ronzio delle ali degli insetti. Ma forse io sono un selvaggio e non capisco. Il rumore della città ci sembra soltanto che ferisca gli orecchi. E che cosa è mai la vita, se un uomo non può ascoltare il grido solitario del succiacapre o discorsi delle rane attorno ad uno stagno di notte?
Ma io sono un uomo rosso e non capisco. L’indiano preferisce il dolce rumore del vento che soffia sulla superficie del lago o l’odore del vento stesso, pulito dalla pioggia o profumato dagli aghi di pino.
L’aria è preziosa per l’uomo rosso poiché tutte le cose partecipano dello stesso respiro.
L’uomo bianco sembra non accorgersi dell’aria che respira e come un uomo da molti giorni in agonia, egli è insensibile alla puzza.
Ma se noi vi vendiamo la nostra terra, voi dovete ricordare che l’aria è preziosa per noi e che l’aria ha lo stesso spirito della vita che essa sostiene. Il vento, che ha dato ai nostri padri il primo respiro, riceve anche il loro ultimo respiro. E il vento deve dare anche ai vostri figli lo spirito della vita. E se vi vendiamo la nostra terra, voi dovete tenerla da parte e come sacra, come un posto dove anche l’uomo bianco possa andare a gustare il vento addolcito dai fiori dei prati.
Perciò noi consideriamo l’offerta di comprare la nostra terra, ma se decideremo di accettarla, io porrò una condizione. L’uomo bianco deve trattare gli animali di questa terra come fratelli. Io sono un selvaggio e non capisco altri pensieri. Ho visto migliaia di bisonti che marcivano sulla prateria, lasciati lì dall’uomo bianco che gli aveva sparato dal treno che passava. Io sono un selvaggio e non posso capire come un cavallo di ferro sbuffante possa essere più importante del bisonte, che noi uccidiamo solo per sopravvivere.
Che cosa è l’uomo senza gli animali? Se non ce ne fossero più gli indiani morirebbero di solitudine. Perché qualunque cosa capiti agli animali presto capiterà all’uomo. Tutte le cose sono collegate.
Voi dovete insegnare ai vostri figli che il terreno sotto i loro piedi è la cenere dei nostri antenati. Affinché rispettino la terra, dite ai vostri figli che la terra è ricca delle vite del nostro popolo. Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri, che la terra è nostra madre. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi.
Questo noi sappiamo: la terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra. Questo noi sappiamo. Tutte le cose sono collegate, come il sangue che unisce una famiglia. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra. Non è stato l’uomo a tessere la tela della vita, egli ne è soltanto un filo. Qualunque cosa egli faccia alla tela, lo fa a se stesso. Ma noi consideriamo la vostra offerta di andare nella riserva che avete stabilita per il mio popolo. Noi vivremo per conto nostro e in pace. Importa dove spenderemo il resto dei nostri giorni.
I nostri figli hanno visto i loro padri umiliati nella sconfitta. I nostri guerrieri hanno provato la vergogna. E dopo la sconfitta, essi passano i giorni nell’ozio e contaminano i loro corpi con cibi dolci e bevande forti. Poco importa dove noi passeremo il resto dei nostri giorni: essi non saranno molti. Ancora poche ore, ancora pochi inverni, e nessuno dei figli delle grandi tribù, che una volta vivevano sulla terra e che percorrevano in piccole bande i boschi, rimarrà per piangere le tombe di un popolo, una volta potente e pieno di speranze come il vostro. Ma perché dovrei piangere la scomparsa del mio popolo? Le tribù sono fatte di uomini, niente di più. Gli uomini vanno e vengono come le onde del mare. Anche l’uomo bianco, il cui Dio cammina e parla con lui da amico a amico, non può sfuggire al destino comune. Può darsi che siamo fratelli, dopo tutto. Vedremo.
Noi sappiamo una cosa che l’uomo bianco forse un giorno scoprirà: il nostro Dio è lo stesso Dio. Può darsi che voi ora pensiate di possederlo, come desiderate possedere la nostra terra. Ma voi non potete possederlo. Egli è il Dio dell’uomo e la sua compassione è uguale per l’uomo rosso come per l’uomo bianco. Questa terra è preziosa anche per lui. E far male alla terra è disprezzare il suo creatore. Anche gli uomini bianchi passeranno, forse prima di altre tribù. Continuate a contaminare il vostro letto e una notte soffocherete nei vostri stessi rifiuti.
Ma nel vostro sparire brillerete vividamente, bruciati dalla forza del Dio che vi portò su questa terra e per qualche scopo speciale vi diede il dominio su questa terra dell’uomo rosso. Questo destino è un mistero per noi, poiché non capiamo perché i bisonti saranno massacrati, i cavalli selvatici tutti domati, gli angoli segreti della foresta pieni dell’odore di molti uomini, la vista delle colline rovinate dai fili del telegrafo. Dov’è la boscaglia? Sparita. Dov’è l’aquila? Sparita. E che cos’è dire addio al cavallo e alla caccia? La fine della vita e l’inizio della sopravvivenza.
Noi potremmo capire se conoscessimo che cos’è che l’uomo bianco sogna, quali speranze egli descriva ai suoi figli nelle lunghe notti invernali, quali visioni egli accenda nelle loro menti, affinché essi desiderino il futuro. Ma noi siamo dei selvaggi. I sogni dell’uomo bianco ci sono nascosti. E poiché ci sono nascosti noi seguiremo i nostri pensieri.
Perciò noi considereremo l’offerta di acquistare la nostra terra. Se accetteremo sarà per assicurarci la riserva che avete promesso. Lì forse potremo vivere gli ultimi nostri giorni come desideriamo. Quando l’ultimo uomo rosso sarà scomparso dalla terra ed il suo ricordo sarà l’ombra di una nuvola che si muove sulla prateria, queste spiagge e queste foreste conserveranno ancora gli spiriti del mio popolo.
Poiché essi amano questa terra come il neonato ama il battito del cuore di sua madre. Così, se noi vi vendiamo la nostra terra, amatela come l’abbiamo amata noi. Conservate in voi la memoria della terra com’essa era quando l’avete presa e con tutta la vostra forza, con tutta la vostra capacità e con tutto il vostro cuore conservatela per i vostri figli ed amatela come Dio ci ama tutti.
Noi sappiamo una cosa, che il nostro Dio è lo stesso Dio. Questa terra è preziosa per Lui. Anche l’uomo bianco non fuggirà al destino comune. Può darsi che siamo fratelli, dopo tutto. Vedremo!
Le mie parole sono come le stelle e non tramontano. Ma come potete comprare o vendere il cielo, il colore della terra? Questa idea è strana per noi. Noi non siamo proprietari della freschezza dell’aria o dello scintillio dell’acqua: come potete comprarli da noi?
Ogni parte di questa terra è sacra al mio popolo. Ogni ago scintillante di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni goccia di rugiada nei boschi oscuri, ogni insetto ronzante è sacro nella memoria e nella esperienza del mio popolo. La linfa che circola negli alberi porta le memorie dell’uomo rosso. I morti dell’uomo bianco dimenticano il paese della loro nascita quando vanno a camminare tra le stelle. Noi siamo parte della terra ed essa è parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli. Il cervo, il cavallo e l’aquila sono nostri fratelli. Le creste rocciose, le essenze dei prati, il calore del corpo dei cavalli e l’uomo, tutti appartengono alla stessa famiglia. Perciò. Quando il grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra, ci chiede molto. Egli ci manda a dire che ci riserverà un posto dove potremo vivere comodamente per conto nostro. Egli sarà nostro padre e noi saremo i suoi figli. Quindi noi considereremo la Vostra offerta di acquisto. Ma non sarà facile perché questa terra per noi è sacra. L’acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non è soltanto acqua ma è il sangue dei nostri antenati. Se noi vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare che essa è sacra e dovete insegnare ai vostri figli che essa è sacra e che ogni tremolante riflesso nell’acqua limpida del lago parla di eventi e di ricordi, nella vita del mio popolo.
Il mormorio dell’acqua è la voce del padre, di mio padre. I fiumi sono i nostri fratelli ed essi saziano la nostra sete. I fiumi portano le nostre canoe e nutrono i nostri figli. Se vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare e insegnare ai vostri figli che i fiumi sono i nostri fratelli ed anche i vostri e dovete perciò usare con i fiumi la gentilezza che userete con un fratello.
L’uomo rosso si è sempre ritirato davanti all’avanzata dell’uomo bianco, come la rugiada sulle montagne si ritira davanti al sole del mattino. Ma le ceneri dei nostri padri sono sacre. Le loro tombe sono terreno sacro e così queste colline e questi alberi. Questa porzione di terra è consacrata, per noi. Noi sappiamo che l’uomo bianco non capisce i nostri pensieri. Una porzione della terra è la stessa per lui come un’altra, perché egli è uno straniero che viene nella notte e prende dalla terra qualunque cosa gli serve. La terra non è suo fratello, ma suo nemico e quando la ha conquistata, egli si sposta, lascia le tombe dei suoi padri dietro di lui e non se ne cura. Le tombe dei suoi padri e i diritti dei suoi figli vengono dimenticati. Egli tratta sua madre, la terra e suo fratello, il cielo, come cose che possono essere comprate, sfruttate e vendute, come fossero pecore o perline colorate.
IL suo appetito divorerà la terra e lascerà dietro solo un deserto.
Non so, i nostri pensieri sono differenti dai vostri pensieri. La vista delle vostre città ferisce gli occhi dell’uomo rosso. Ma forse ciò avviene perché l’uomo rosso è un selvaggio e non capisce.
Non c’è alcun posto quieto nelle città dell’uomo bianco. Alcun posto in cui sentire lo stormire di foglie in primavera o il ronzio delle ali degli insetti. Ma forse io sono un selvaggio e non capisco. Il rumore della città ci sembra soltanto che ferisca gli orecchi. E che cosa è mai la vita, se un uomo non può ascoltare il grido solitario del succiacapre o discorsi delle rane attorno ad uno stagno di notte?
Ma io sono un uomo rosso e non capisco. L’indiano preferisce il dolce rumore del vento che soffia sulla superficie del lago o l’odore del vento stesso, pulito dalla pioggia o profumato dagli aghi di pino.
L’aria è preziosa per l’uomo rosso poiché tutte le cose partecipano dello stesso respiro.
L’uomo bianco sembra non accorgersi dell’aria che respira e come un uomo da molti giorni in agonia, egli è insensibile alla puzza.
Ma se noi vi vendiamo la nostra terra, voi dovete ricordare che l’aria è preziosa per noi e che l’aria ha lo stesso spirito della vita che essa sostiene. Il vento, che ha dato ai nostri padri il primo respiro, riceve anche il loro ultimo respiro. E il vento deve dare anche ai vostri figli lo spirito della vita. E se vi vendiamo la nostra terra, voi dovete tenerla da parte e come sacra, come un posto dove anche l’uomo bianco possa andare a gustare il vento addolcito dai fiori dei prati.
Perciò noi consideriamo l’offerta di comprare la nostra terra, ma se decideremo di accettarla, io porrò una condizione. L’uomo bianco deve trattare gli animali di questa terra come fratelli. Io sono un selvaggio e non capisco altri pensieri. Ho visto migliaia di bisonti che marcivano sulla prateria, lasciati lì dall’uomo bianco che gli aveva sparato dal treno che passava. Io sono un selvaggio e non posso capire come un cavallo di ferro sbuffante possa essere più importante del bisonte, che noi uccidiamo solo per sopravvivere.
Che cosa è l’uomo senza gli animali? Se non ce ne fossero più gli indiani morirebbero di solitudine. Perché qualunque cosa capiti agli animali presto capiterà all’uomo. Tutte le cose sono collegate.
Voi dovete insegnare ai vostri figli che il terreno sotto i loro piedi è la cenere dei nostri antenati. Affinché rispettino la terra, dite ai vostri figli che la terra è ricca delle vite del nostro popolo. Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri, che la terra è nostra madre. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, sputano su se stessi.
Questo noi sappiamo: la terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra. Questo noi sappiamo. Tutte le cose sono collegate, come il sangue che unisce una famiglia. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra. Non è stato l’uomo a tessere la tela della vita, egli ne è soltanto un filo. Qualunque cosa egli faccia alla tela, lo fa a se stesso. Ma noi consideriamo la vostra offerta di andare nella riserva che avete stabilita per il mio popolo. Noi vivremo per conto nostro e in pace. Importa dove spenderemo il resto dei nostri giorni.
I nostri figli hanno visto i loro padri umiliati nella sconfitta. I nostri guerrieri hanno provato la vergogna. E dopo la sconfitta, essi passano i giorni nell’ozio e contaminano i loro corpi con cibi dolci e bevande forti. Poco importa dove noi passeremo il resto dei nostri giorni: essi non saranno molti. Ancora poche ore, ancora pochi inverni, e nessuno dei figli delle grandi tribù, che una volta vivevano sulla terra e che percorrevano in piccole bande i boschi, rimarrà per piangere le tombe di un popolo, una volta potente e pieno di speranze come il vostro. Ma perché dovrei piangere la scomparsa del mio popolo? Le tribù sono fatte di uomini, niente di più. Gli uomini vanno e vengono come le onde del mare. Anche l’uomo bianco, il cui Dio cammina e parla con lui da amico a amico, non può sfuggire al destino comune. Può darsi che siamo fratelli, dopo tutto. Vedremo.
Noi sappiamo una cosa che l’uomo bianco forse un giorno scoprirà: il nostro Dio è lo stesso Dio. Può darsi che voi ora pensiate di possederlo, come desiderate possedere la nostra terra. Ma voi non potete possederlo. Egli è il Dio dell’uomo e la sua compassione è uguale per l’uomo rosso come per l’uomo bianco. Questa terra è preziosa anche per lui. E far male alla terra è disprezzare il suo creatore. Anche gli uomini bianchi passeranno, forse prima di altre tribù. Continuate a contaminare il vostro letto e una notte soffocherete nei vostri stessi rifiuti.
Ma nel vostro sparire brillerete vividamente, bruciati dalla forza del Dio che vi portò su questa terra e per qualche scopo speciale vi diede il dominio su questa terra dell’uomo rosso. Questo destino è un mistero per noi, poiché non capiamo perché i bisonti saranno massacrati, i cavalli selvatici tutti domati, gli angoli segreti della foresta pieni dell’odore di molti uomini, la vista delle colline rovinate dai fili del telegrafo. Dov’è la boscaglia? Sparita. Dov’è l’aquila? Sparita. E che cos’è dire addio al cavallo e alla caccia? La fine della vita e l’inizio della sopravvivenza.
Noi potremmo capire se conoscessimo che cos’è che l’uomo bianco sogna, quali speranze egli descriva ai suoi figli nelle lunghe notti invernali, quali visioni egli accenda nelle loro menti, affinché essi desiderino il futuro. Ma noi siamo dei selvaggi. I sogni dell’uomo bianco ci sono nascosti. E poiché ci sono nascosti noi seguiremo i nostri pensieri.
Perciò noi considereremo l’offerta di acquistare la nostra terra. Se accetteremo sarà per assicurarci la riserva che avete promesso. Lì forse potremo vivere gli ultimi nostri giorni come desideriamo. Quando l’ultimo uomo rosso sarà scomparso dalla terra ed il suo ricordo sarà l’ombra di una nuvola che si muove sulla prateria, queste spiagge e queste foreste conserveranno ancora gli spiriti del mio popolo.
Poiché essi amano questa terra come il neonato ama il battito del cuore di sua madre. Così, se noi vi vendiamo la nostra terra, amatela come l’abbiamo amata noi. Conservate in voi la memoria della terra com’essa era quando l’avete presa e con tutta la vostra forza, con tutta la vostra capacità e con tutto il vostro cuore conservatela per i vostri figli ed amatela come Dio ci ama tutti.
Noi sappiamo una cosa, che il nostro Dio è lo stesso Dio. Questa terra è preziosa per Lui. Anche l’uomo bianco non fuggirà al destino comune. Può darsi che siamo fratelli, dopo tutto. Vedremo!
mercoledì 30 aprile 2008
incenso di Beltane
Beltane: 1 Maggio
La Dea e il Dio si uniscono nell'amore
e la Terra fiorisce nell'estasi
e la Terra fiorisce nell'estasi
"Beltane" significa "fuoco lucente" e si riferisce ai falò che venivano accesi dai Druidi in onore del Dio celtico Bel, Beli, Balar, Balor o Belenus. Bel, il Dio della luce, del fuoco e della guarigione, aveva sì le qualità del sole ma non era prettamente una divinità solare, non essendo i celti specificatamente devoti del Sole che consideravano una divinità femminile.
Beltane è anche conosciuto come la Vigilia di Maggio, il giorno di Maggio e la notte di Valpurga.
I raccolti sono benedetti per l'anno che verrà e danzare attorno al fallico palo di maggio è una tradizione che ancora esiste in molti luoghi. Questa festività rappresenta la sacra unione del Dio e della Dea. La fertilità esplode dal guscio che una volta lo conteneva e il verde della terra sta velocemente ritornando ai nostri occhi.
Beltane segna l'inizio dell'estate ed è un tempo per festeggiare, celebrare e gioire. E' un momento per guardare avanti, al futuro e per prepararci ai mesi caldi che verranno. E' anche tempo d'amare, dell'unione e del sacro matrimonio che onora la fertilità della terra.
Nella tradizione celtica, i due grandi festival dell'anno solare sono Samhain e Beltane, la celebrazione della morte e della rinascita, rispettivamente. Nei nostri rituali noi celebriamo l'unione tra la Grande Madre e il suo giovane Dio Cornuto. Il loro amore porta nuova vita alla Terra.
Il Grande Rito simboleggia il matrimonio sacro, o l'unione sessuale del Signore e della Signora. Spesso questo rito viene celebrato simbolicamente attraverso un uomo e una donna che mettono un athame (simbolo fallico) in un calice (simbolo femminile).
Nella vecchia Europa, interi villaggi celebravano Beltane scappando nei boschi per fare del sesso libero. Qualsiasi bambino fosse stato concepito durante questa occasione veniva considerato figlio degli Dei. Questi " matrimoni silvani " erano atti di magia simpatica che si credeva avessero un effetto positivo sul raccolto, sugli animali e su loro stessi. (In questi anni dove purtroppo l'Aids e malattie veneree la fanno da padrone bisogna celebrare solo la responsabilità -- questo significa sesso sicuro, monogamia o addirittura astinenza. Usate il vostro giudizio.)
Veniva eletta una regina ed un re di Maggio per condurre i festeggiamenti. Rappresentavano infatti il Dio e la Dea in terra. Tradizionalmente, la regina di maggio cavalcava un cavallo bianco, mentre il re, uno nero. Il re di maggio era anche chiamato "il signore del palo di maggio", mentre la regina "vergine madre". Venivano incoronati con fiori e tutta la giornata di festeggiamenti sarebbe stata seguita da una notte di amore. "I matrimoni di maggio" che accadevano questa notte, potevano durare un anno e un giorno o solo dal tramonto all'alba.
La fertilità del raccolto è un tema importante in questo Sabbat. Le scope venivano cavalcate come cavalli attraverso i campi dalle donne, in un simbolico rito di fertilità. Il Palo di Maggio era la parte centrale della celebrazione e sopra portava una ghirlanda. Il palo rappresentava le forze maschili e la ghirlanda quelle femminili. La pratica che vi è tuttora di adornare un palo con dei nastri è un'invezione più recente anche se la danza in circolo è antica quanto la tradizione. Gli uomini rincorrevano a cavallo le donne, cercando di prendere, come Pwyll che rincorre Rhiannon. (Lei non poteva essere presa se non voleva).
Il palo era solitamente il pino che era stato decorato a Yule con la maggior parte dei rami rimossi. I nastri venivano attaccati nella parte superiore ed erano rossi e bianchi: il rosso del Dio e il bianco della Madre. I partecipanti avrebbero iniziato a danzarci attorno: gli uomini tenendo un nastro rosso e le donne quello bianco. Durante la danza i nastri venivano intrecciati per formare un simbolico incrocio di nascita attorno al palo fallico, che ovviamente rappresentava l'unione della Dea e del Dio.
La fertilità e la guarigione erano fondamentali. Il falò era anche una parte del rituale e il fuoco di Beltane era composto dalle nove erbe sacre ai Celti. I fuochi della casa venivano spenti e venivano riaccesi dal fuoco sacro del rituale. I campi e le case erano benedetti con delle foglie brucianti. Quando il falò si spegneva pian piano, il bestiame veniva fatto attraversare le ceneri per essere benedetto e guarito. Un'altra tradizione era quella di saltare sul fuoco tre volte per avere buona fortuna. Le coppie avrebbero sancito la loro promessa d'amore, saltando sul fuoco assieme, anche se ne faceva un matrimonio. Si considerava sfortunato essere sposati nel mese di Maggio, il matrimonio sacro era riservato al Dio e alla Dea.
Un'altra bellissima celebrazione di Beltane era fatta attraverso il rito di "portar dentro Maggio". I giovani del villaggio andavano per campi e boschi a mezzanotte del 30 aprile per raccogliere fiori con cui decorare se stessi, i loro familiari e le loro case. Nel ritorno a casa, si fermavano ad ogni porta per lasciare un fiore e in cambio ricevere del cibo e delle bevande. Se ci pensate assomiglia molto alla tradizione di "dolcetto o scherzetto" di Samhain.
E' anche ritenuto rituale filare, ricamare e tessere in questo periodo dell'anno. L'atto di unire insieme il filo e l'ago per formare un terzo oggetto è considerato spirito di Beltane.
Per i moderni Pagani, Beltane è il tempo dell'unione e del piacere; la celebrazione del ritorno del calore del sole e del rinvigorirsi della Terra. E' la rinconciliazione degli opposti, attraverso l'amore e i frutti che sorgono da questa riconciliazione. E' il momento di ridare i nostri propositi per l'anno e l'amore agli altri. Inoltre è importante tenere a mente i propositi di Ostara e metterli in azione finalmente. Andrebbero onorati anche i guardiani della casa oggi.
E' anche un momento di conoscenza profonda del sè, di amore, di unione e di sviluppo del proprio potenziale, nella ricerca di una crescita personale. La prima mattina di maggio viene considerata magica per le acque selvatiche ( rugiada, fiumi, cascatelle ). Infatti veniva raccolta e conservata ed utilizzata per fare bagni di bellezza o bevuta per ottenere guarigione. Si dice che ogni fanciulla che fa il bagno in questa acqua magica sarà bella per tutto l'anno che segue.
Infine gli ultimi tre giorni di Aprile le case vanno purificate con fumigazioni di bacche di ginepro.
Beltane è anche conosciuto come la Vigilia di Maggio, il giorno di Maggio e la notte di Valpurga.
I raccolti sono benedetti per l'anno che verrà e danzare attorno al fallico palo di maggio è una tradizione che ancora esiste in molti luoghi. Questa festività rappresenta la sacra unione del Dio e della Dea. La fertilità esplode dal guscio che una volta lo conteneva e il verde della terra sta velocemente ritornando ai nostri occhi.
Beltane segna l'inizio dell'estate ed è un tempo per festeggiare, celebrare e gioire. E' un momento per guardare avanti, al futuro e per prepararci ai mesi caldi che verranno. E' anche tempo d'amare, dell'unione e del sacro matrimonio che onora la fertilità della terra.
Nella tradizione celtica, i due grandi festival dell'anno solare sono Samhain e Beltane, la celebrazione della morte e della rinascita, rispettivamente. Nei nostri rituali noi celebriamo l'unione tra la Grande Madre e il suo giovane Dio Cornuto. Il loro amore porta nuova vita alla Terra.
Il Grande Rito simboleggia il matrimonio sacro, o l'unione sessuale del Signore e della Signora. Spesso questo rito viene celebrato simbolicamente attraverso un uomo e una donna che mettono un athame (simbolo fallico) in un calice (simbolo femminile).
Nella vecchia Europa, interi villaggi celebravano Beltane scappando nei boschi per fare del sesso libero. Qualsiasi bambino fosse stato concepito durante questa occasione veniva considerato figlio degli Dei. Questi " matrimoni silvani " erano atti di magia simpatica che si credeva avessero un effetto positivo sul raccolto, sugli animali e su loro stessi. (In questi anni dove purtroppo l'Aids e malattie veneree la fanno da padrone bisogna celebrare solo la responsabilità -- questo significa sesso sicuro, monogamia o addirittura astinenza. Usate il vostro giudizio.)
Veniva eletta una regina ed un re di Maggio per condurre i festeggiamenti. Rappresentavano infatti il Dio e la Dea in terra. Tradizionalmente, la regina di maggio cavalcava un cavallo bianco, mentre il re, uno nero. Il re di maggio era anche chiamato "il signore del palo di maggio", mentre la regina "vergine madre". Venivano incoronati con fiori e tutta la giornata di festeggiamenti sarebbe stata seguita da una notte di amore. "I matrimoni di maggio" che accadevano questa notte, potevano durare un anno e un giorno o solo dal tramonto all'alba.
La fertilità del raccolto è un tema importante in questo Sabbat. Le scope venivano cavalcate come cavalli attraverso i campi dalle donne, in un simbolico rito di fertilità. Il Palo di Maggio era la parte centrale della celebrazione e sopra portava una ghirlanda. Il palo rappresentava le forze maschili e la ghirlanda quelle femminili. La pratica che vi è tuttora di adornare un palo con dei nastri è un'invezione più recente anche se la danza in circolo è antica quanto la tradizione. Gli uomini rincorrevano a cavallo le donne, cercando di prendere, come Pwyll che rincorre Rhiannon. (Lei non poteva essere presa se non voleva).
Il palo era solitamente il pino che era stato decorato a Yule con la maggior parte dei rami rimossi. I nastri venivano attaccati nella parte superiore ed erano rossi e bianchi: il rosso del Dio e il bianco della Madre. I partecipanti avrebbero iniziato a danzarci attorno: gli uomini tenendo un nastro rosso e le donne quello bianco. Durante la danza i nastri venivano intrecciati per formare un simbolico incrocio di nascita attorno al palo fallico, che ovviamente rappresentava l'unione della Dea e del Dio.
La fertilità e la guarigione erano fondamentali. Il falò era anche una parte del rituale e il fuoco di Beltane era composto dalle nove erbe sacre ai Celti. I fuochi della casa venivano spenti e venivano riaccesi dal fuoco sacro del rituale. I campi e le case erano benedetti con delle foglie brucianti. Quando il falò si spegneva pian piano, il bestiame veniva fatto attraversare le ceneri per essere benedetto e guarito. Un'altra tradizione era quella di saltare sul fuoco tre volte per avere buona fortuna. Le coppie avrebbero sancito la loro promessa d'amore, saltando sul fuoco assieme, anche se ne faceva un matrimonio. Si considerava sfortunato essere sposati nel mese di Maggio, il matrimonio sacro era riservato al Dio e alla Dea.
Un'altra bellissima celebrazione di Beltane era fatta attraverso il rito di "portar dentro Maggio". I giovani del villaggio andavano per campi e boschi a mezzanotte del 30 aprile per raccogliere fiori con cui decorare se stessi, i loro familiari e le loro case. Nel ritorno a casa, si fermavano ad ogni porta per lasciare un fiore e in cambio ricevere del cibo e delle bevande. Se ci pensate assomiglia molto alla tradizione di "dolcetto o scherzetto" di Samhain.
E' anche ritenuto rituale filare, ricamare e tessere in questo periodo dell'anno. L'atto di unire insieme il filo e l'ago per formare un terzo oggetto è considerato spirito di Beltane.
Per i moderni Pagani, Beltane è il tempo dell'unione e del piacere; la celebrazione del ritorno del calore del sole e del rinvigorirsi della Terra. E' la rinconciliazione degli opposti, attraverso l'amore e i frutti che sorgono da questa riconciliazione. E' il momento di ridare i nostri propositi per l'anno e l'amore agli altri. Inoltre è importante tenere a mente i propositi di Ostara e metterli in azione finalmente. Andrebbero onorati anche i guardiani della casa oggi.
E' anche un momento di conoscenza profonda del sè, di amore, di unione e di sviluppo del proprio potenziale, nella ricerca di una crescita personale. La prima mattina di maggio viene considerata magica per le acque selvatiche ( rugiada, fiumi, cascatelle ). Infatti veniva raccolta e conservata ed utilizzata per fare bagni di bellezza o bevuta per ottenere guarigione. Si dice che ogni fanciulla che fa il bagno in questa acqua magica sarà bella per tutto l'anno che segue.
Infine gli ultimi tre giorni di Aprile le case vanno purificate con fumigazioni di bacche di ginepro.
martedì 22 aprile 2008
Earth day 2008
Il Giorno della Terra, in inglese Earth Day è il nome usato per indicare due diverse festività, una che si tiene annualmente ogni primavera nell'emisfero Nord del pianeta, ed un'altra in autunno dedicate all'ambiente ed alla salvaguardia del pianeta . Le Nazioni Unite celebrano questa festa ogni anno nell'equinozio di Marzo ma è un'osservanza per la maggior parte dichiararla il 22 aprile di ciascun anno. Questo secondo Earth Day fu celebrato a livello internazionale per la prima volta il 22 aprile per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra. Nato come movimento universitario, nel tempo l'Earth Day è divenuto un avvenimento educativo ed informativo. I gruppi ecologisti lo utilizzano come occasione per valutare le problematiche del pianeta: l'inquinamento dell'aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, le migliaia di piante e specie animali che scompaiono, e l'esaurimento delle risorse non rinnovabili. Si insiste in soluzioni che permettano di eliminare gli effetti negativi delle attività dell'uomo; queste soluzioni includono il riciclo dei materiali, la conservazione delle risorse naturali come il petrolio e l'energia, il divieto di utilizzare prodotti chimici dannosi, la cessazione della distruzione di habitat fondamentali come i boschi umidi e la protezione delle specie minacciate.
Oggi è la 38esima Giornata Mondiale della Terra. Cosa puoi fare per partecipare attivamente? Tanti nostri piccoli gesti quotidiani possono, tutti insieme, aiutare il mondo a guarire dalla febbre.
L'effetto serra e il riscaldamento globale sono in cima all'agenda politica globale, se ne stanno occupando l'Onu, Kyoto e tutti i governi del mondo. E tu? Il nostro stile di vita conta, e pesa, molto. Ecco come ridurre la nostra impronta ecologica. Questi eco-consigli sono stati estrapolati dalle indicazioni del decalogo di Al Gore, dalle indicazioni del World Watch Institute e incidono sulle emissioni di CO2 nei principali settori dei paesi occidentali, ovvero produzione industriale, consumi di energia, di risorse, trasporti.1. Cerca il bollino verde. Scegli prodotti con una certificazione "eco". Sceglili di qualità, durevoli, belli e funzionali: quelli fuori moda o difficili da usare vengono buttati prima.
2. Cambia la luce. Sostituisci una lampadina normale con un'altra a basso consumo per risparmiare 70 kg di CO2 l'anno e tanti soldi in bolletta (almeno 60 euro l'anno se le si cambia in tutta la casa). Le vecchie lampadine al tungsteno dovrebbero in realtà chiamarsi "stufette": il 95% dell'elettricità la sprecano in calore inutile.
3. Meno "usa & getta". Smettila di starnutire sugli alberi. Per pulire, detergere, pulirsi, farsi la barba, scrivere… c'è sempre un'alternativa migliore della carta da cellulosa vergine.
4. Più riciclo. La carta riciclata riduce del 20% la CO2 e salva gli alberi. La plastica diventa mille cose diverse. Riciclare il vetro fa risparmiare il 30% di CO2 e il 120% di materie prime. Riciclare le lattine di alluminio l'85%, e con 37 lattine si fa una caffettiera nuova.
5. Risparmia con "classe". Un frigo di classe "A" va per 43 ore con la stessa energia consumata da uno di classe "C" in 16. Usa lavatrice e lavastoviglie solo a pieno carico: il tasto "1/2" inganna, dà risparmi solo del 20%. E un bucato a 90°C consuma sette volte tanto che a 30°!
6. Niente luci rosse. Stereo, tv e dvd in "stand-by" succhiano da 70 a 150 euro all'anno d'elettricità, non per il led ma perché stanno accesi per "sentire" il telecomando. No, spegni tutto con il pulsante.
7. Riscalda meglio. Non coprire i caloriferi con niente. Abbassa il termostato, ogni grado in meno fa risparmiare l'8% annuo. Se la caldaia ha più di vent'anni, sostituiscila.
8. Climatizzatore. Usalo moderatamente, non installarlo su una parete assolata, e quand'è acceso le finestre vanno chiuse.
9. Ai fornelli. Pentole dello stesso diametro della corona dei fornelli, altrimenti si spreca fino a un terzo di calore. E col coperchio! Senza si consuma il quadruplo di gas.
10. Ecosostenibili a tavola. Meno carne: 1 kg di carne consuma 100 volte le risorse di 1 kg di cereali. Verdure di stagione, non di serra. Più cibi locali, meno trasporti internazionali. Meglio da agricoltura biologica: le fattorie bio emettono metà dei gas delle altre.
11. Acqua di rubinetto. Ha tanti eco-vantaggi, costa poco, è controllatissima. Raccoglila in una brocca al mattino per la sera, il cloro evapora ed è pure buona!
12. In macchina meno e meglio. Il 46% delle emissioni di CO2 dei trasporti viene da auto private. L'auto ben tagliandata può consumare il 5% in meno. Con le gomme gonfie, il 2%. Non partire subito: a freddo "beve" il 50% in più.
13. Se si può, in treno. Da Milano a Roma un passeggero in aereo genera 80 kg di CO2; in auto da solo, 70 kg; in treno tre volte meno: 23 kg!
14. Usa pile ricaricabili. Durano da 500 a 1000 cicli. Quelle usa e getta sono bombe chimiche irrecuperabili, per produrle si consuma 200 volte l'energia che contengono, l'80% finisce nella spazzatura normale contaminandola, e comunque non sono riciclabili in alcun modo.
15. Al computer. Attiva la funzione "risparmio energia". In pausa pranzo spegnilo bene, anche il monitor; e quello Lcd consuma la metà.
16. Il bravo manager. Commissiona una stima delle emissioni di CO2 dell'azienda: la consapevolezza parte dalla contabilità.
17. Energia pulita. Accendi il contratto con un fornitore di energia rinnovabile.
18. Pianta un albero. Un solo albero assorbe almeno 1 tonnellata di CO2 nella durata della sua vita.
19. In libreria. "50 cose da fare per salvare il mondo e risparmiare denaro" di Andreas Schlumberger (Apogeo, a Impatto Zero) e "Salvare il mondo senza essere Superman", di Roberto Rizzo (Einaudi).
20. Informati online. Leggere una notizia su Internet fa risparmiare il 97% d'energia rispetto a un quotidiano. Un'occhiata al sito di Al Gore (www.climatecrisis.net), poi www.climatechange.eu.com (nuova campagna UE, "You control climate change". Pare facile: "Abbassa. Spegni. Ricicla. Cammina") e… 21. www.impattozero.it. C'è il calcolatore della tua CO2 personale. Sai quanta ne emette ogni italiano in media, al giorno? (21 kg).
22. Sii consapevole. Ogni gesto ha un peso. Attenzione, rispetto e "impronta leggera" siano le parole d'ordine.
(tratto in parte da yahoo)
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