venerdì 4 gennaio 2008
L'Epifania: Tradizione rurale italiana
La festa dell'epifania (cioè della befana, ovvero della "donna più anziana"), deriva da un antico rito pagano in cui la donna più anziana della famiglia o dell'intera comunità, la sera del 5 gennaio doveva preparare la cena, perché era la più vicina ai defunti, numi protettori della casa che avrebbero portato doni. La "befana" era dunque un punto di raccordo tra i vivi e i morti. In questa occasione i giovani fidanzati si dovevano donare reciprocamente delle castagne, come simbolo di fertilità femminile e di virilità maschile, e già nell'antichità esisteva l'usanza del rito delle "pasquelle", poi cristianizzato attraverso l'immagine dei Re Magi che portano i doni a Gesù: si trattava dell'usanza per cui i bambini suonavano e cantavano strofe augurali alle porte delle case, per ricevere in cambio dei dolci o altri cibi. Si vede dunque l'analogia con il rito moderno della "calza" della befana che porta doni ai bambini, in forma di dolciumi. La quantità di cibi che venivano consumati e donati durante tutto il periodo che va da Natale fino a Carnevale, era nell'antichità dovuto al fatto che, col sopraggiungere dell'inverno durante il quale i contadini dovevano restare in casa in attesa di poter tornare al lavoro nei campi in primavera, e con la necessità dunque di continuare ad alimentarsi in assenza di cibi freschi provenienti dai raccolti e con un fabbisogno moltiplicato dal freddo, si procedeva all'uccisione degli animali da allevamento, in particolare il maiale, che con la sua carne ricca di grassi e di proteine, garantiva una scorta di energie per il periodo invernale. Il maiale non a caso costituisce la base lipidica e proteica dei cibi tipicamente natalizi, che sono tutti eredità della tradizione contadina (zampone, cotechino, cappello del prete, torlellini, ecc). Il maiale era un animale talmente importante per la sussitenza di tutta la comuntià che si celebrava anche una festa a lui dedicata, denominata le "nozze del porco", festeggiata nel giorno del 17 gennaio, in occasione della festa di S.Antonio Abate (infatti raffigurato nell'iconografia sacra insime ad un maiale); festa che consisteva in una uccisione collettiva di alcuni maiali allevati dall'intera comunità e poi suddivisi tra tutti. Il motivo dell'allevamento collettivo (cioè condiviso tra varie famiglie) non era solo per garantire a tutte le famiglie di avere una forma di sussustenza alimentare, ma soprattutto per suddividere il senso di colpa per l'uccisione di un animale che i popoli antichi consideravano al pari degli attuali animali domestici.
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