mercoledì 27 febbraio 2008

Il Cinghiale: Leggende


La forma sanscrita del nome del cinghiale deriva dalla radice var-/vri- che ha il senso di “occultare”. Dalla stessa radice, discende il nome Veruna, aspetto immanifesto della divinità suprema in conoscibile e invincibile.
Vishnu sotto le sembianze di un cinghiale diede origine al presente ciclo facendo emergere la terra dalle acque ed orinandola.

Il pecari figura nell'arte maya, in un periodo in cui è stato addomesticato. Il maiale rappresentava una fonte di sostentamento e nutrimento ed era considerato sacro, come dimostra il trattamento riservato alle sue ossa. I teschi ritrovati negli scavi archeologici erano intagliati con figure umane e di giaguaro. Essendo una specie limitata ad un piccolo angolo degli Stati Uniti, compare in poche leggende americane e viene messo in relazione con i felini, in quanto era una loro preda. Al maiale selvatico veniva attribuita la velocità, il sacrificio di sé e l'allarme, perché se qualcuno lo attaccava, i suoi grugniti avrebbero avvertito gli altri del pericolo.

Il cinghiale ha avuto una grande notorietà nel Vecchio Mondo.

Il suino nero della mitologia egizia era il dio Seth, che si trasformò in cinghiale per scagliare un dardo di fuoco nell' occhio di Horus. Di conseguenza, fu maledetto da Rà e la sua carne venne ritenuta impura.

La concezione secondo cui il maiale era inadatto come cibo per l'uomo, fu adottata dagli ebrei e in seguito dai musulmani. In Siria e Palestina mangiarne era considerato un abominio.

Si dice che il cinghiale abbia travolto a morte sia Atteone, divinità frigia, che quella greca Adone. Il cinghiale, quindi, dispensa giustizia.

La maggior parte del simbolismo del cinghiale viene dai Celti che lo mettevano in relazione con la battaglia e la leadership. Il cinghiale dava forza e coraggio e sognarlo o vederlo in una visione, indicava il guerriero o la guerra. La sua comparsa, ad esempio, ad Isotta preannunciò la prossima morte di Tristano. Le sue setole erano considerate detentrici di un potere innato. In leggenda celtica, Fion calpesta una setola di cinghiale e muore per aver infranto il gaeas (promessa o, in questo caso, proibizione) di cacciare cinghiale. Alla fine, la setola ha più potere di un uomo e il cinghiale anche se indirettamente, dispensa ancora giustizia.
Il Camyx (corno da battaglia) della Scozia e del Galles riportava la figura della testa di un cinghiale e anche gli elmetti e gli scudi spesso recavano questa immagine.

Anche i Vichinghi adoravano il cinghiale per le sue qualità belliche. Era invocato dai guerrieri nordici perché desse loro la forza e la determinazione per vincere. Ad un livello più pratico, era simbolo di salute e prosperità. Era sacro a Freya e Freyr, le due divinità femminile e maschile della fertilità nell'antica Scandinavia.

I Celti attribuivano alla sua pelle qualità curative: se poste su una ferita, ad esempio, l'avrebbero fatta rimarginare. In seguito il maiale domestico divenne simbolo di fecondità e nelle tombe celtiche e in Galles è stato scoperto il corpo di diversi maiali, lasciati come cibo e per assicurarsi che l'anima passasse sana e salva nell'aldilà.

Nella mitologia celtica, Ceridwin, dea dell'ispirazione, era rappresentata dal cinghiale. La vecchia dea assumeva spesso quelle sembianze per avvicinare la gente.
Quindi ci si riferiva ai Druidi come ai maialini e alla dea come alla scrofa bianca.
Nella cultura celtica, i druidi venivano associati al simbolo del cinghiale. Il mito intendeva con ciò significare l’origine prima della loro tradizione: il centro d’irradiamento spirituale posto nell’Isola Bianca, la patria di origine dei Tuatha dé DanannPresso i Celti, cibarsi ritualmente delle carni del cinghiale in occasione della festa del primo dell’anno equivaleva ad assorbire la potenza divina mediante il nutrimento sacrificale, e rappresentava simbolicamente un ritorno all’origine della tradizione: all’Isola Bianca. Il mese dell’edera – dal 30 settembre al 27 ottobre – collegato alla lettera G dell’alfabeto ogamico (gort = edera) era anche il mese del cinghiale e dei banchetti in cui veniva consumata la sua carne.
Significa il ritorno alla pienezza e all’inesauribiltà dell’Essere: il cinghiale di Walhöll, Sahrimnir, pur smembrato, si rigenera continuamente per servire assieme all’idromele di nutrimento ai prescelti.

«Andhrimnir ha cotto, in Eldhrimnir
e bollito Sahrimnir,
il migliore dei cinghiali, ma pochi sanno
di che si nutrono gli eroi»

Ricordiamo a questo proposito che una delle caratteristiche del nutrimento che proviene dall’Isola iperborea è, appunto, l’inesauribilità,caratteristica che riguarda anche la Coppa celtica dell’abbondanza e, poi, il San Graal.
Nell’Edda il cinghiale Gullinbursti (“Setole-d’oro”) o Slídrugtanni (“Zanne-taglienti”) compare in relazione al re dell’età dell’oro, Freyr, di cui tira il carro. L’Ynglinga Saga chiama l’età dell’oro in cui regnò Freyr “pace di Fródi” il cui nome esprime allo stesso tempo “pace” e “saggezza”: due caratteristiche dell’età dell’oro, infatti nell’antico islandese frodr è “saggio” e Fródi è detto «fecondo di pace».
L’età di Freyr-Fródi – sotto il segno del cinghiale – si chiude con l’avvento di Yrsa, “Figlio dell’Orsa” (dal lat. ursa), il re che inaugura il ciclo successivo, sotto il segno dell’orso guerriero. E le dee che girano le macine del mulino cosmico cantano:

«Continuamo a macinare: il figlio di Yrsa
Nipote di Halfdan, si vendicherà di Fródi»

Il cinghiale raffigurato sulle insegne di guerra celtiche o sugli elmi anche presso i Germani, rappresentava la potenza luminosa e protettrice della divinità sull’esercito o sul guerriero. Tacito dice degli Estii, popolazione stanziata presso il Mar Baltico il cui culto s’incentrava su una figura di dea-madre (mater deum):«Portano immagini (formas) di cinghiali come amuleti religiosi che, al posto delle armi e d’ogni altra difesa assicurano protezione al devoto della dea anche in mezzo ai nemici»

Il cinghiale era l’animale araldico di Merlino così come l’orso lo era di Artù. Il nome Arthur deriva infatti dal celtico arthos (greco árktos; cfr. sanscrito arkshas) “orso”. Nennio (inizi sec. IX) traduce il nome di Artù in latino con ursus horribilis.

Nel componimento Kulhwch e Olwen, una delle primissime fonti su Artù, il re è presentato come cacciatore di un cinghiale dal nome Twrch Treyd, o Trwyth (da twrch = porcum). Secondo il testo citato, questa fu la più grande caccia al cinghiale dell’isola e si estese al Galles del Sud ed in Cornovaglia. Twrch Trwyth era un re trasformato in cinghiale.

Nell'Europa successiva all'avvento del cristianesimo, come il cervo rappresentava il bene, il cinghiale era il male. Come animale pagano diventò infatti l'antitesi delle virtù cristiane. Le zanne venivano considerate alla stregua di corna e nel primo Medioevo il cinghiale fu paragonato al diavolo. Nel XIV secolo, Bastardo di Buglione vedeva i cristiani come leoni e i saraceni come cinghiali. Gaston Phoebes, autore del Livre du chase nel XIII secolo, lo considerava l'animale più pericoloso del mondo. Era capace di uccidere un uomo, un cavallo, un leopardo o un leone con un colpo solo. Era spesso l'oggetto della caccia dell' eroe epico. Veniva cacciato nella stessa maniera del cervo, ma reagiva diversamente: aveva una maggior resistenza e minore astuzia. Gli venivano attribuiti spavalderia e orgoglio: mettere all'angolo un cinghiale era considerato come una sfida a duello. La sua bocca repellente ne ha fatto l'emblema del calunniatore e dei pettegolezzi, un' opinione che sembra essersi modificata durante il periodo vittoriano, quando si è affermata la concezione del cinghiale come campione. Le sue armi erano le zanne forti e aguzze.

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